798 Art District




Pechino te l’aspetti ad un modo e poi ti ritrovi immerso in un tessuto urbano geometrico e frattale, dove rimane ben poco di autentico e quel poco è pittato e restaurato da sembrare genuino come un outlet. Forse quel che tradisce è l’abitudine all’immagine incrostata e sgretolata dei nostri centri storici.
Poi, però, ci si trova dentro al 798 Art District, una specie di ghetto artistico, con tanto di cancello d’ingresso, fra vecchi e affascinanti capannoni in stile Bauhaus, riconvertiti in laboratori per artisti, spazi espositivi, gallerie d’arte, bar e librerie, in un contesto del tutto simile ad analoghe riconversioni occidentali. Alla stregua di Andy Warhol, che con la sua Factory creò un centro catalizzatore per la nuova produzione artistica americana del Pop e del Postmoderno.
Questo luogo, che sembra un parco a tema per artisti, nasce dalle mura abbandonate di una gigantesca fabbrica di componenti destinate alla comunicazione e alla difesa. Fu costruita tramite finanziamento dello stato, con la collaborazione della Germania dell’Est e dell’Unione Sovietica. Un tempo popolata da operai e dirigenti, oggi è il centro della nuova cultura artistica Cinese.





Negli anni ’90 nasceva un nuovo movimento di arte contemporanea nei sobborghi di Pechino, gli artisti vivevano come eremiti, emarginati ed estranei alle “4 modernizzazioni “ del premier Deng Xiao Ping, che auspicava lo sviluppo dell’agricoltura, la scienza - tecnologia, l’industria e infine la difesa.
Dopo la 45° Biennale di Venezia nel 1993 e la 22° Biennale di Sao Paulo del Brasile cominciarono a circolare nel mondo le opere di questi artisti, la cui formazione è avvenuta secondo il rigido formalismo imposto dal Governo Cinese: ricerca dell’essenza del mondo dei fenomeni, ricerca di profondi significati, raffigurazioni convenute o commentari sociali.
Le evoluzioni economiche e politiche, insieme ai tumultuosi cambiamenti sociali, hanno determinato la necessità di porsi come interpreto delle incertezze del tempo e come sperimentatori, per liberarsi dei vecchi costumi. Oggi attraverso il colore, la forma o le smisurate dimensioni delle tele, violentano la delicatezza e l’equilibrio dei canoni estetici della tradizione cinese. Il pennello non tollera alcuna restrizione, piuttosto propone raffigurazioni di deformazioni, abbruttimenti e alterazioni delle dimensioni.
Quando Robert Bernell, un appasionato d’arte americano, decise di licenziarsi da direttore della Motorola a Pechino, aprì una libreria proprio dentro questa ex fabbrica, abbandonata già dal 90. Da quel giorno raccolse attorno a se artisti, li fece conoscere tramite internet e questi trasformarono i capannoni in laboratorio. Poi, via via, arrivarono l' "Accademia Centrale di Belle arti di Pechino”, L’azienda immobiliare “7 Star Huadian” e l’"Associazione dell’Industria Creativa e Culturale”. Nel 2009 è stata avviata la prima Binennale di Pechino senza finanziamenti da istituzioni provinciali.
Questo luogo in cui è piacevole passeggiare, scoprendo la bellezza di manufatti industriali e opere d’arte di altissimo valore, è uno dei luoghi più rappresentativi della potenza che il mondo dell’arte cinese ha raggiunto. Il 2010, secondo alcune stime, si sarebbe chiuso con il primato della Cina per le vendite globali di “belle Arti” superando Usa e Regno Unito. Nella top ten degli artisti dell’anno si contano prevalentemente nomi Cinesi: Qi Baishi, Zhang Daqian, Xu e Fu Baoshi Bihong e nel campo dell’arte contemporanea: Zeng Fanzhi, Chen Yifei, Yidong Wang, Zhang Xiaogang, Liu Xiaodong e Liu Ye.
Vale la pena fare un giro in questo luogo che unisce il recente passato della Repubblica Popolare Cinese con la nuova e riottosa cultura artistica cinese.


























Train de vie

Di Edoardo Navone




Viaggiare tra Pechino e Lhasa sulla linea ferroviaria che prende il nome Qinghai-Tibet, Treno del Cielo o Tibet Express è un 'esperienza di viaggio nel tempo e nello spazio ormai sconosciuta. Le carrozze marciano lentamente, senza superare i 120 km/h, raccogliendo persone lungo la sconfinata tratta. Non è tanto quello che scorre fuori dai finestrini che stupisce, spesso si tratta di un susseguirsi di fotogrammi che ritraggono paesaggi desolati e brulli, altipiani orlati dalle montagne e un cielo che da grigio diventa piano piano azzurro intenso. Stupisce piuttosto la vita all'interno. Dentro alle carrozze si vive lentamente, mangiando e dormendo, cercando spazio tra zaini e borsoni o godendo di soffici ore di noia su letti agganciati alle pareti, magari leggendo con le orecchie gonfie di musica o chiacchierando con qualche viaggiatore. Ti ritrovi per forza a familiarizzare col popolo cinese, dovendo fare i conti con le loro abitudini, troppo rumorose e sgradevoli per noi occidentali; a percorrere avanti e indietro i corridoi, riempire i termos di acqua bollente per i noodles precotti e compiere il rituale del thè, talmente frequente da sembrare un tic o un metronomo che scandisce le ore dilatate.





Così tra una tappa e l'altra, in una Cina tanto ripetitiva, si sale sul tetto del mondo, senza mai rendersi veramente conto. A Xining si può far tappa, ottenere i permessi necessari per il Tibet e ripartite su quel tratto di 815 km fino a Golmud, costruito negli anni cinquanta da Mao Zedong. Dopo si prosegue per la tratta di 1.140 km finita di costruire nel 2006 che fila verso Lhasa.
Si tratta della strada ferrata più alta del mondo, poiché raggiunge il livello record di 5.072 m sul livello del mare, superando anche il record di altitudine, pari a 4.800 m. della ferrovia andina Lima-Huancayo, ora non più in funzione.
Il percorso tra Pechino e Lhasa è lungo circa 4.200 km e viene effettuato su carrozze speciali, pressurizzate come aeroplani, dotate di bombole d'ossigeno e vetri che proteggono dai raggi UVA: l'80% del tragitto si sviluppa sopra i 4.000 metri.
Oltre il 50% della tratta non poggia su normale massicciata, ma direttamente sul terreno, che data la temperatura minima invernale di 45° sotto lo zero, è permanentemente ghiacciato (permafrost). Questa scelta, effettuata per limitare i costi di impianto e la necessità di infrastrutture, ha però creato altri problemi, dato che d'estate lo strato superiore del permafrost si ammorbidisce, compromettendo la stabilità dei binari. Inoltre, la complessità del territorio dell'ultimo tratto, per cui sono state effettuate grandi opere, come ponti e trafori, su un territorio ad alto rischio sismico ha comportato un grande sforzo e spese imponenti, tra i 3 e i 4 miliardi di dollari.
Tralasciando le conseguenze e l'impatto che questa ferrovia potrebbe causare sul territorio e sullo stesso Tibet, ci si lascia portare via in quella eterna processione, con gli occhi attacati al vetro a cercare l'himalaya, scorgendo troppo spesso minacciosi carrarmati che viaggiano sulle direttrici polverose per il Tibet. Eppure una volta giunti a destinazione si trova un popolo molto povero, di pastori e monaci dediti alla vita monastica, che potrebbero sembrare estranei alla violenza dei fatti di qualche anno fa. I soldati cinesi appostati ad ogni angolo della tranquillissima capitale tibetana fanno tornare in mente "Il Deserto dei Tartari" di Dino Buzzati, in cui il tenente Giovanni Drogo, appostato alla fortezza Bastiani, attende un attacco che mai verrà.




















































La vita è un lunapark

di Edoardo Navone

Non conoscono malizia e non distinguono la ricchezza dalla povertà; non cercano successo, ma pretendono soltanto di affermare la propria esistenza; non odiano, ma amano. Non soffocano nella noia, ma annegano di curiosità. Per i bambini dell'Himalaya, come per i bambini di tutto il mondo, la vita è un lunapark.


Nepal
PIL (PPA) Procapite: $1.160(2008) $1.215(2009)
























































































Foto scattate in Nepal.